lunedì 18 luglio 2011

06-06-1906

La data di nascita dello zio Peppino è una di quelle che non si dimenticano: 06.06.1906. Noi figli e i nipoti lo sfottevamo sempre: dicevamo che era l'anticristo, e lui diventava rosso per la rabbia e per tutta risposta urlava "anticristo chi? anticristo IIIOOOOO!!! ma voi siete pazzi!!! Vorrei vedere se al mondo esiste qualcuno più devoto e religioso di me... FORSE NEMMENO IL PAPA!!! Ma va va, andatevelo a prendere in saccoccia..." e se ne andava in un'altra stanza per porre fine alla discussione, e noi giù a ridere come pazzi per averlo "mandato in cascetta"! Ovviamente anche lui sapeva che lo stavamo prendendo in giro, ma diciamo che era particolarmente sensibile a certi argomenti, per cui mancava totalmente di "sense of humor".
La verità è che lo zio Peppino era quel che si dice "un uomo d'altri tempi". Un uomo che aveva vissuto due guerre, di cui una da sfollato con moglie e figli piccoli al seguito. A 18 anni, appena conseguito il diploma di perito meccanico, iniziò a lavorare in quella che era allora la più importante fonderia della regione, e lì lavorò fino al 1977, quando finalmente decise che era ora di andarsene in pensione, alla ragguardevole età di 71 anni! Era un uomo di un ingegno superiore alla media e con la caparbietà di un ariete. Era in grado di portare a termine qualsiasi compito di cui si fosse fatto carico, anzi, non si dava pace finché non l'aveva ultimato. Per lui tutto era una sfida e non si è mai fatto mettere in ginocchio da nulla: era lui che doveva avere il controllo degli eventi, e non viceversa.
La sua vita non fu priva di difficoltà, come per la maggior parte delle persone che dovettero vivere la ricostruzione del paese dopo la II grande guerra, ma lui non si è mai scoraggiato, ed ogni volta si è sempre rimboccato le maniche ed è andato avanti, non mancandogli mai il sostegno del suo carattere forte e del carattere altrettanto forte della moglie, una grande donna come solo un grande uomo merita di avere.
Non sempre era facile ragionare con lui: era un uomo all'antica, tetragono nei suoi forti ideali e sani principi, amante delle proprie opinioni al punto da liquidare ogni opinione avversa agitando con decisione la mano e scuotendo la testa con condiscendenza, come a dire "sì sì, continua a pensarla così tu, che non arriverai mai da nessuna parte!" Ogni suo pensiero era frutto del suo senso pratico e rifiutava tutti i sofismi.
La sua pignoleria alle volte era esasperante: aveva i suoi riti quotidiani che non mancava mai di espletare: in piedi presto la mattina, il caffé a letto alla moglie, l'uscita per andare al lavoro, il ritorno per il pranzo, la mezz'oretta di "pennica" prima di tornare al lavoro, il ritorno a casa nel tardo pomeriggio, il resto della serata prima di cena dedicato ai lavori di utilità domestica o alla contabilità, il tutto sempre alla stessa ora e con le stesse modalità. Se avesse avuto la responsabilità di gestire le Ferrovie dello Stato, nessuno avrebbe mai saputo cosa fosse un treno in ritardo!
Ad ogni cosa il suo posto: i pantaloni perfettamente ripiegati e appesi alle loro grucce nell'armadio (non era di quegli uomini che lasciano alle mogli il compito di rimettere in ordine i loro vestiti), le carte e i documenti tenuti con l'ordine del più meticoloso degli archivisti, i suoi attrezzi da lavoro conservati con una cura maniacale... se chiedeva ad uno di noi di andare nel suo studio a prendergli un cacciavite, e noi gli chiedevamo dove stava, lui ci spiegava esattamente come orientarci nella stanza per trovare quello che stavamo cercando, e 12 volte su 10 la trovavamo perché, sicuro come la morte, quell'oggetto era proprio lì come ci era stato spiegato, e lì sarebbe tornato, non un millimetro più in qua o più in là!
Era abile in tutto: lavori di falegnameria, riparazioni elettriche, idrauliche, meccaniche, lavori da muratore, gestione dei risparmi e contabilità... qualsiasi cosa si fosse messo in mente di fare, la faceva con la maestria di un professionista e ogni lavoro compiuto non aveva nulla da invidiare a quello che avrebbe potuto fare uno specialista del settore. Finché è vissuto, praticamente non è mai stato necessario chiamare un esterno per le riparazioni in casa: a tutto metteva mano e tutto sistemava, orgoglioso per aver vinto un'altra sfida e... per aver risparmiato i soldi della parcella del tecnico!
Ma l'orgoglio suo più grande fu quando venne insignito della Stella di Maestro del Lavoro. Quest'onoreficenza aveva per lui un valore incommensurabile, perché testimoniava la sua grande dedizione all'attività che, secondo lui, più di ogni altra fa grande una persona. Per lui era essenziale la distinzione tra l'essere "Cavalieri del Lavoro" e "Maestri del Lavoro", perché sardonicamente ripeteva sempre che ai primi veniva riconosciuto il merito di aver saputo sfruttare il lavoro altrui, mentre i secondi sono quelli che col sudore della loro fronte trasformano in realtà i sogni degli sfruttatori. E tanto per evitare malintesi, lo zio Peppino non era un uomo di sinistra, però era dotato di un grande senso di equità sociale.
Generoso oltre ogni misura, era sempre pronto a mettere la mano al portafogli per finanziare una giusta causa. Contribuì in larga misura alla raccolta di fondi per la costruzione della chiesa della sua parrocchia, di cui non ha fatto in tempo a vedere neanche l'apertura del cantiere. E forse è stato meglio così, visto che, dopo anni di lavori continuamente interrotti, il risultato finale è solo un obbrobrioso cazzotto in un occhio, un tentativo molto mal riuscito di voler imitare la Cappella di Notre Dame Du Haut di Le Corbusier, a Ronchamp.
Se n'è andato nel novembre del '91, stroncato dalla malattia che nel giro di 2 mesi lo ha colpito e se l'è portato via. Anche la morte è riuscito a dominare, visto che per tutta la vita ha sempre ripetuto che, quando fosse arrivata la sua ora, avrebbe voluto andarsene in fretta, senza lunghi calvari e penose agonie, e così è stato.
Volendo riassumere con pochi aggettivi: grande carattere, forte temperamento, marito devoto, padre responsabile, nonno premuroso, generoso e grande lavoratore... questo era lo zio Peppe, pignolo persino nella data di nascita. Non il 5, non il 7, ma il 6-6-06, perché fosse chiaro da subito a tutti che la parola "approssimazione" era inesistente nel suo vocabolario.

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